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Siviglia, la feria si accende di lanterne, tapas e flamenco

gente caminando en la Feria de Sevilla

Si chiama Feria de Abril, ma qualche volta cade a maggio, come quest’anno, dal 6 all’11. È la grande festa di Siviglia che segue di poco quella della Semana Santa e durante la quale alle processioni succedono sfilate di cavalli e di carrozze e una zona del barrio di Los Remedios si riempie di casetas e bancherelle che formano un villaggio a sé, con stradine intitolate con nomi di toreri, illuminato da lanterne colorate e animato da uomini in abiti tradizionali e donne vestite da ballerine di flamenco. Casetas pubbliche ad accesso libero e casetas private in cui si accede solo su invito, dove si consuma pesce fritto, tapas (che nella città di Carmen e Figaro sono un culto) e manzanilla, aperitivo con vino di Jerez. Sfogo dopo la contrizione pasquale.

Plaza en SevillaDunque, festa di puro divertimento e notti in bianco, più in sintonia con una città dove anche in situazioni normali è raro sedersi a tavola per cena prima delle 22,30 e brulicante di vita fino all’alba. «Spagnolissima», la definì Vittorio Alfieri. E piena di tesori lasciati dagli arabi che hanno preceduto i castigliani e incrementati dopo la scoperta dell’America, quando il porto sul Guadalquivir che tira dritto fino all’Atlantico funse da spartitraffico nell’intenso e proficuo commercio con il Nuovo Mondo. A cavallo del grande fiume sta Siviglia. Nella parte occidentale, vicino a Los Remedios (oggi lussuoso quartiere residenziale), c’è Triana, antico barrio popolare e gitano affacciato sul fiume che lambisce con Calle Betis, dedalo di viuzze nelle cui bettole si dice siano nati il flamenco e le tapas, ancora costellato di locali gratificanti il palato. 

Ma è sulla riva opposta, nella parte orientale, che soprattutto si concentra il movimento. Nel Barrio Santa Cruz, il più antico e bello della città, l’alba già arriva che ancora non ce la si aspetta. Musica e patios illuminati ovunque, gran via vai da un locale all’altro, rimbalzi di voci e risa tra i muri delle strette vie che stranirono Edmondo De Amicis, pure ammaliato dalle bellezze sivigliane, incapace però di prendere sonno in quella che definì «gaiezza carnevalesca» molto prima che all’ordinario flusso cittadino si sommasse quello turistico. I principali monumenti sono lì a un passo. La Cattedrale più grande del mondo (126 metri per 83) è zeppa d’opere d’arte, dominate dall’enorme monumento a Cristoforo Colombo firmato dallo scultore sevillano Arturo Mélida. Attaccata a questa c’è la Giralda, minareto eretto su rovine romane, esemplare della migliore architettura islamica, dall’alto del quale si domina la città. E di fronte c’è L’Alcazar, immenso palazzo-fortezza arabo che ospitava l’intera corte degli Abbasidi, harem con 800 donne compreso. 

Barrio de Santa Cruz en Sevilla
La Plaza de Toros è poco più in là, tagliando ad ovest verso il fiume. È proprio in occasione della Feria de Abril che prende slancio la stagione delle corride, sanguinario rito collettivo al tramonto attorno al quale si è scritto tanto che se n’è perso il conto ma a cui non è necessario assistere per apprezzare la spettacolarità architettonica dell’arena più antica di Spagna e simbolo della città, con i meno truculenti flamenco e tapas.

Autore: ROBERTO DUIZ

Fonte delle informazioni: La Stampa